Etimologia
Differenti sono le interpretazioni al nome di Montemurro. Le più attendibili sono due: la prima fa derivare la parola Montemurro da Mons Morus, ossia monte del moro, nome dato a seguito della occupazione saracena delle regioni meridionali; la seconda la interpreta dalla conformazione geologica del terreno, essendo il paese costruito sulle pendici di un monte di pietra arenaria cui sovrasta un banco di argilla, quasi monte su monte.
Le origini
Per quanto riguarda la sua origine non vi è dubbio che nei pressi del centro abitato doveva preesistere un modesto casale costituente un villaggio della vicina Grumentum.
Nel secolo IX molte città meridionali subirono devastazioni e distruzioni da parte dei Saraceni. A questa sorte non sfuggì Grumentum, città popolosa e ricca di commerci che sin dall'antichità era uno dei principali centri della Lucania. Ritornata fiorente nella prima metà del secolo XI, a seguito di una scorreria dei Saraceni, giunti alle sue porte, risalendo il corso dell'Agri, fu nuovamente occupata nell'anno 1031. Il pericolo di scorrerie dovette spingere gli abitanti di Grumentum ad abbandonare la pianura ed a sparpagliarsi nei piccoli villaggi che sorgevano sulle colline dominanti la valle, essendo piu facilmente difendibili.
Montemurro così da villaggio soggetto a Grumentum si trasformò in paese con una propria giurisdizione. L'economia era una volta fiorente per vari commerci, basata sull'agricoltura con produzione di cereali, vini ed olio. I primi dati sulla presenza di artigiani si ricavano dai Fuochi del 1522 in cui si riporta l'elenco delle categorie. Le attività artigianali di maggior rilievo erano le lavorazioni delle pelli, il cui metodo, in alcune regioni meridionali ancora in uso, viene ricordato come "concia alla montemurrese" e la confezione delle funi. Notevole era anche l'attività molitoria: numerosi erano i mulini. L'importanza di Montemurro come centro commerciale risultò evidente quando a seguito della legge 1 maggio 1816 che divise la Provincia della Basilicata nei quattro distretti di Potenza, Matera, Melfi, Lagonegro e in 42 circondari, fu classificato come capoluogo del quattordicesimo circondario del distretto di Potenza con 5973 abitanti. La sua importanza era comprovata dalla presenza nel suo territorio di una stazione militare.
Il terremoto del 1857
Nella notte di mercoledì 16 dicembre 1857 un terribile terremoto distrusse totalmente il paese risparmiando in parte il rione Concerie situato nella parte alta dell’abitato su masse di roccia. Secondo la tradizione popolare montemurrese i morti ammontarono a quattromila e i feriti a cinquecento su una popolazione che contava circa ottomila abitanti.
Contributo all'Unità d'Italia
Giacinto Albini
Il paese è stato protagonista assoluto nelle vicende che portarono all’Unità d’Italia nel 1861: infatti l’opera del patriota Giacinto Albini (“il Mazzini lucano”) parte da Montemurro i cui rapporti commerciali con l’intero Mezzogiorno favorirono il diffondersi delle idee rivoluzionarie.
Una tra le nobili figure di Montemurro è Giacinto Albini, chiamato da Francesco Crispi il "Mazzini lucano". Nacque a Napoli il 24 marzo del 1821 dove la madre si era recata a partorire. Il padre Gaetano Albini esercitava la professione medica a Montemurro e Giacinto Albini vi trascorse la prima giovinezza sotto la guida di insegnanti privati. Era il primo di tre figli, i fratelli Nicola e Tommaso, rispettivamente sacerdote e farmacista, lo avrebbero sempre sostenuto nella sua attività patriottica e politica. Iniziò gli studi di diritto civile in Latronico e nel 1842 si trasferì a Napoli dove oltre alla scuola frequentava assiduamente i circoli letterari, e in special modo il caffè Bruno, luogo di ritrovo non solo di poeti e letterati ma anche degli animi più ardenti e liberali del Mezzogiorno specie della Calabria e della Basilicata. Conseguito il diploma universitario nel 1843 non esercitò mai la professione di avvocato. Il diritto da una parte e gli studi classici dall'altra alimentarono gli ideali dell'Albini, il quale convinto antiborbonico, fin da giovane aderì alla Carboneria ed il 15 maggio 1848 si fece notare sulle barricate di napoli. Nel 1848 fu iniziatore e capo di un Circolo Costituzionale inteso a tutelare le franchigie costituzionali. I tristi avvenimenti di quegli anni fecero scattare l'animo sensibile dell'Albini, facendogli abbracciare la fede di quei martiri e divenire il più audace mazziniano del Mezzogiorno, teso unicamente all'Unità d'Italia. Nel 1850 fondò nel suo paese un Comitato, con funzione di propagandare le nuove idee. Sede del Comitato era la casa Marra nel cui frontespizio oggi una lapide ricorda ai posteri i promotori del Comitato. Ricercato assiduamente dalla polizia borbonica a seguito dei mandati di cattura emessi dalle Corti di Napoli, Potenza e Catanzaro sotto l'imputazione di cospirazione, dovette limitare ancora di più la propria attività. Agli inizi del 1858 ritornò a Napoli dove riaprì la sua scuola di diritto e di letteratura. Nel 1859 Albini accettò di rappresentare in Basilicata il Comitato dell'Ordine, cercando di farvi aderire anche alcuni giovani lucani universitari a Napoli, come i fratelli Pietro e Michele Lacava, e un loro cugino Carmine Senise, tutti di Corleto Perticara. Con lo sbarco dei Mille a Marsala, il Comitato d'Azione accolse gli emissari piementosi giunti a Napoli e con loro organizzò comitati e sezioni in tutte le Provincie del Mezzogiorno. Giacinto Albini venne inviato in Calabria e delegò i fratelli Lacava e Carmine Senise in Basilicata. L'unica Provincia priva di un presidio militare era la Basilicata ed inoltre la natura del terreno e lo stato in cui erano tenute le strade rendevano lento e difficile l'intervento dell'esercito borbonico. La direzione politica fu affidata a Giacinto Albini in rappresentanza del Comitato dell'Ordine e a Nicola Mignogna in rappresentanza del Comitato d'Azione. Entrambi divennero prodittatori del governo costituitosi a Potenza, nel palazzo Ciccotti, il 18 agosto 1860. Ai primi di settembre Garibaldi affidò a Giacinto Albini il governo della Basilicata e come primo provvedimento dichiarò decaduti i magistrati e i funzionari borbonici. Eletto deputato nel collegio di Lagonegro ed in quello di melfi, egli rinunciò al seggio ed entrato presto in contrasto con le direttive del potere centrale, preferì rimanere direttore della Stamperia Reale di Napoli e continuare l'attività politica prima a Napoli, di cui fu vicesindaco e poi a Montemurro di cui divenne sindaco. Fu nominato Tesoriere generale della Provincia di Benevento e poi Conservatore delle Ipoteche di Potenza, dove morì nel 1884.
Leonardo Sinisgalli - Poeta
Montemurro è il paese batale di Leonardo Sinisgalli, che vi nacque il 9 marzo 1908 da Vito e Carmela Lacorazza. Sinisgalli aveva quattro sorelle e un fratello, Vincenzo (1925-1998), giornalista e scrittore, collaboratore di varie riviste (tra cui il Mondo di Pannunzio) e rubriche radiofoniche nazionali. Leonardo Sinisgalli, ingegnere e pubblicitario, fu collaboratore della Pirelli, della Finmeccanica, dell'Olivetti, dell'Eni e di Alitalia, dividendosi tra Milano e Roma. In gioventù, dopo la laurea in ingegneria fu chiamato da Enrico Fermi che lo voleva tra i suoi allievi, ma egli preferì la poesia all'atomica (fu scoperto da Ungaretti, al quale si legò in una lunga amicizia). Appartenne a quella generazione dei Montale, dei Moravia, dei Pavese, dei Vittorini, dei Piovene, la "generazione inquieta" che formatasi negli anni del fascismo, ebbe sempre un angoscioso travaglio intellettuale dovuto ai tanti anni difficili, tra ventenennio, guerra, e avvento repubblicano. La sua opera ha avuto costantemente un'amarezza di fondo, un senso irrimediabile di disperazione, di vuoto, di cui oggi più che mai gli uomini sono sinistramente afflitti. Nel 1953 fondò e diresse fino al 1958 la rivista culturale della Finmeccanica "Civiltà delle Macchine", pubblicata fino al 1979. Morì a Roma il 31 gennaio 1981 e riposa nel cimitero di Montemurro, nella cappella di famiglia da lui stesso progettata.
Maria Padula - Pittrice
Nacque a Montemurro il 12 gennaio 1915, frequentò il Liceo Artistico e l'Accademia di Pittura prima a Napoli e poi a Firenze. Fu alunna di Francesco Scorzelli, Emilio Notte, Giovanna Brancaccio, Eugenio Scorzelli, Felice Carena, Pietro Gaudenzi, Giovanni Colacicchi e Gennaro Luciano, conservando intatta una sua personalità, che la ricollega alla realtà della sua terra, incantata dai colori e dal suo modi di essere, dai dolci e forti rilievi che la arricchiscono. Morì il 10 dicembre del 1987, e fu sepolta a Montemurro. E' possibile visualizzare alcune delle sue opere sul sito www.mariapadula.it
Giuseppe Capocasale - Filosofo
Nacque a Montemurro il 1° marzo 1754 da Lorenzo, fabbroferraio, e Maria Lucca, e per le modestissime condizioni di famiglia fu costretto a procurarsi il pane, aiutando il pane nel suo duro mestiere. Il desiderio di sollevarsi, di apprendere e il profondo sentimento religioso lo spinsero a non desistere, e il giovane non tralasciava ogni sera di studiare dopo le fatiche quotidiane. Divenne ben presto noto per la dottrina, andò precettore a Corleto, Stigliano e a San Mauro Forte, presso la famiglia Arcieri. A vent'anni fu chiamato alla carica di governatore del Comune di Sarconi, e poi assunto alla funzione di baiulo della famiglia Pignatelli, feudataria di Sarconi, amministrò così saggiamente la giustizia, da meritare il plauso del barone e dei vassalli. Si recò a Napoli e riprese gli studi, il 25 maggio 1800, a 47 anni, vestiva l'abito talare, per la licenza speciale concessa dal Re e dal Clero. Nel 1804, il 17 ottobre, ebbe l'ambito onore della nomina a lettore di Logica e Metafisica, e successivamente, il 7 aprile 1818, quella di professore di Diritto di Natura e delle Genti nella Università di Napoli. Nel 1822 fu assunto quale precettore del Principe Reale, Ferdinando II di Borbone, nelle discipline filosofiche e giuridiche. Fu membro di varie Accademie tra le quali la Parmense, la Fiorentina, la Augusta di Perugia, la Cosentina e molte altre. Il 15 ottobre 1828, nella villa Reale di Portici fu colpito da febbre nevrina che dopo otto giorni lo portò al sepolcro.
Gian Tommaso, Matteo e Gian Giacomo Manecchia - Pittori
Illustri pittori nati a Montemurro operarono in Napoli tra la fine del 500 e la metà del 600. Sono poche le notizie pervenute sulla loro vita. Gian Tommaso di sei anni maggiore di Gian Giacomo, ospitò il fratello nella sua casa a Napoli, facendogli da padre e maestro. Delle loro opere solo due grandi tele a firma di Gian Giacomo, nato il 28 settembre 1597 e morto il 13 settembre 1657, sono visibili ai lati dell'Altare Maggiore nella Chiesa di S. Maria della Sapienza in Napoli. Una raffigura le nozze di Cana, l'altra l'Adorazione dei Magi.
Sebastiano e Carlo Sellitto - Pittori
Sebastiano nacque a Montemurro verso la metà del 600, giunto a Napoli da giovane con l'intento di imparare l'arte della pittura, si applicò anche come indoratore. Pur essendosi stabilito giovanissimo a Napoli, egli rimase attaccatissimo al suo paese natio, tanto che ogni estate vi si recava sia per accudire ai suoi beni, sia per riabbracciare parenti ed amici. Ebbe sei figli di cui quattro maschi Francesco Antonio, Gian Domenico, Carlo e Giuseppe e due femmine Isabella e Faustina. Di questi Carlo, nato a Napoli il 1581 mostrò sin da piccolo una grande inclinazione per la pittura a differenza degli altri figli. Così il padre lo mise prima come garzone presso il pittore vercellese Gio. Antonio Ardito, successivamente lo introdusse come discepolo nello studio del pittore fiammingo Loise Croys, artista in Napoli molto stimato. Il giovane rivelò ottime qualità soprattutto nel ritratto diventando ben presto il ritrattista più ricercato dall'aristocrazia partenopea. Tra le opere attribuite all'artista vi sono:
- l'Apostolo Pietro salvato dalle acque (Napoli, Chiesa di Santa Maria di Monteoliveto);
- San Carlo Borromeo (Napoli, Museo di Capodimonte);
- Adorazione dei pastori (Napoli, Chiesa Santa Maria del Popolo agli Incurabili);
- Santa Cecilia (Napoli, Museo di Capodimonte);
- Bacco (Francoforte sul Meno, Standelsches Kunstinstitut);
- Davide con la testa di Golia (Rodesia, collezione privata);
- Santa Lucia (Messina, museo nazionale);
- Visione di Santa Candida (Napoli, Chiesa di Sant'Angelo a Nilo, Cappella Brancaccio);
- Cristo Crocifisso (Napoli, Chiesa di Santa Maria di Portanova);
- Sant'Antonio da Padova (Napoli, Chiesa dell'Incoronata a Capodimonte).
Attribuita al Sellitto è anche l'opera Madonna del suffragio nella Chiesa di San Luigi ad Aliano, unico dipinto dell'artista esistente in Basilicata.