Il Paese

 

Contributo all'Unità d'Italia

Giacinto Albini
Giacinto AlbiniIl paese è stato protagonista assoluto nelle vicende che portarono all’Unità d’Italia nel 1861: infatti l’opera del patriota Giacinto Albini (“il Mazzini lucano”) parte da Montemurro i cui rapporti commerciali con l’intero Mezzogiorno favorirono il diffondersi delle idee rivoluzionarie.
Una tra le nobili figure di Montemurro è Giacinto Albini, chiamato da Francesco Crispi il "Mazzini lucano". Nacque a Napoli il 24 marzo del 1821 dove la madre si era recata a partorire. Il padre Gaetano Albini esercitava la professione medica a Montemurro e Giacinto Albini vi trascorse la prima giovinezza sotto la guida di insegnanti privati. Era il primo di tre figli, i fratelli Nicola e Tommaso, rispettivamente sacerdote e farmacista, lo avrebbero sempre sostenuto nella sua attività patriottica e politica. Iniziò gli studi di diritto civile in Latronico e nel 1842 si trasferì a Napoli dove oltre alla scuola frequentava assiduamente i circoli letterari, e in special modo il caffè Bruno, luogo di ritrovo non solo di poeti e letterati ma anche degli animi più ardenti e liberali del Mezzogiorno specie della Calabria e della Basilicata. Conseguito il diploma universitario nel 1843 non esercitò mai la professione di avvocato. Il diritto da una parte e gli studi classici dall'altra alimentarono gli ideali dell'Albini, il quale convinto antiborbonico, fin da giovane aderì alla Carboneria ed il 15 maggio 1848 si fece notare sulle barricate di napoli. Nel 1848 fu iniziatore e capo di un Circolo Costituzionale inteso a tutelare le franchigie costituzionali. I tristi avvenimenti di quegli anni fecero scattare l'animo sensibile dell'Albini, facendogli abbracciare la fede di quei martiri e divenire il più audace mazziniano del Mezzogiorno, teso unicamente all'Unità d'Italia. Nel 1850 fondò nel suo paese un Comitato, con funzione di propagandare le nuove idee. Sede del Comitato era la casa Marra nel cui frontespizio oggi una lapide ricorda ai posteri i promotori del Comitato. Ricercato assiduamente dalla polizia borbonica a seguito dei mandati di cattura emessi dalle Corti di Napoli, Potenza e Catanzaro sotto l'imputazione di cospirazione, dovette limitare ancora di più la propria attività. Agli inizi del 1858 ritornò a Napoli dove riaprì la sua scuola di diritto e di letteratura. Nel 1859 Albini accettò di rappresentare in Basilicata il Comitato dell'Ordine, cercando di farvi aderire anche alcuni giovani lucani universitari a Napoli, come i fratelli Pietro e Michele Lacava, e un loro cugino Carmine Senise, tutti di Corleto Perticara. Con lo sbarco dei Mille a Marsala, il Comitato d'Azione accolse gli emissari piementosi giunti a Napoli e con loro organizzò comitati e sezioni in tutte le Provincie del Mezzogiorno. Giacinto Albini venne inviato in Calabria e delegò i fratelli Lacava e Carmine Senise in Basilicata. L'unica Provincia priva di un presidio militare era la Basilicata ed inoltre la natura del terreno e lo stato in cui erano tenute le strade rendevano lento e difficile l'intervento dell'esercito borbonico. La direzione politica fu affidata a Giacinto Albini in rappresentanza del Comitato dell'Ordine e a Nicola Mignogna in rappresentanza del Comitato d'Azione. Entrambi divennero prodittatori del governo costituitosi a Potenza, nel palazzo Ciccotti, il 18 agosto 1860. Ai primi di settembre Garibaldi affidò a Giacinto Albini il governo della Basilicata e come primo provvedimento dichiarò decaduti i magistrati e i funzionari borbonici. Eletto deputato nel collegio di Lagonegro ed in quello di melfi, egli rinunciò al seggio ed entrato presto in contrasto con le direttive del potere centrale, preferì rimanere direttore della Stamperia Reale di Napoli e continuare l'attività politica prima a Napoli, di cui fu vicesindaco e poi a Montemurro di cui divenne sindaco. Fu nominato Tesoriere generale della Provincia di Benevento e poi Conservatore delle Ipoteche di Potenza, dove morì nel 1884.

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